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domenica 7 febbraio 2016

Cuentame una historia #2: La bella e la bestia

Cuentame una historia è una rubrica a cadenza casuale in cui vi racconteremo una fiaba classica con qualche curiosità in più.


Ciao a tutti! Buona domenica! La fiaba che abbiamo pensato di raccontarvi oggi, come vedete dal titolo, è La bella e la bestia, una delle preferite di Mayra e che tutte e tre apprezziamo molto. In particolare, abbiamo deciso questa fiaba dopo il tema dell'ultimo Something with, che trovate qui.



In un tempo lontanissimo, c'era una volta una città abitata quasi esclusivamente da mercanti. Quando dai porti vicini e lontani giungevano le navi cariche di merci era una festa per tutti. Uomini, donne, bambini si vestivano con gli abiti più belli, si ornavano con gioielli e ghirlande di fiori e si radunavano in piazza.
Nel centro della città, una grande casa si distingueva dalle altre; qui viveva un ricco mercante con la sua unica figlia Bella, una fanciulla semplice e buona. Sul suo bellissimo viso splendevano due occhi chiari e dolci, sull'ampia fronte cadevano riccioli bruni, il suo corpicino era snello e flessuoso. Fu perciò soprannominata da piccola «la bella bambina». E Bella fu il suo nome anche quando divenne più grande.


Bella amava tener compagnia al vecchio padre; per lui suonava il cembalo, leggeva le storie dei tempi passati. La sua bontà e la sua bellezza affascinavano tutti e molti sarebbero stati felici di poterla avere in sposa. Ma Bella rifiutava dolcemente:
Vi ringrazio, sono troppo giovane e mio padre ha ancora bisogno di me.
Il padre era felice; la grande tenerezza che Bella gli dimostrava gli riscaldava il cuore e gli procurava tanta serenità. Né l'affetto della fanciulla mutò quando il mercante cadde in disgrazia. L'uomo aveva impiegato quasi tutti i suoi beni per acquistare una grande quantità di merci provenienti dal lontano oriente. Aspettava con ansia l'arrivo delle navi che dovevano consegnare la mercanzia comprata. Ma i giorni si susseguivano e l'attesa sembrava vana. Il mercante taceva la sua pena per non rattristare la figliuola. Quando fu certo che la sventura si era abbattuta sulla sua famiglia, pianse disperatamente:
Figlia mia, siamo diventati poveri: tutte le nostre ricchezze sono andate perdute. Dobbiamo lasciare la città.
Bella, preoccupata per il dolore del padre, rispose senza esitazione:
Non ti dar pena, babbo, andremo a vivere in campagna, lavoreremo e vivremo bene anche altrove.



Dopo alcuni giorni diedero l'addio alla città e si recarono in un piccolo villaggio. La casetta che li aspettava era piccola, bianca, circondata da tanto verde. Al pian terreno c'era una spaziosa cucina riscaldata da un camino, un tavolo, una madia, qualche seggiola. In un angolo, una scaletta di legno un po' malandata portava alle camere da letto, anch'esse in cattivo stato: finestrelle piccole, soffitto basso. I guanciali dei letti odoravano di foglie di granoturco, le pareti sono spoglie.
Il padre si sentva umiliato; Bella capì il suo disagio e, aprendo un'imposta, esclamò:
Che pace, babbo, e quanto verde!
Iniziò per Bella una nuova vita. All'alba andava nei campi, dissodava la terra, seminava, raccoglieva. A sera era esausta, ma continuava ad avere per il padre un sorriso, una parola gentile, un gesto d'affetto. Dopo qualche mese la ragazza aveva dimenticato la vita lussuosa della città. Era felice di vivere in campagna; il suo canto si diffondeva per la casa, per i campi e si unì al cinguettio degli uccelli.
Ma il vecchio mercante non si rassegnava, voleva per la figlia una vita diversa. Di tanto in tanto si allontanava e si recava in città. Sperava sempre che qualche nave si salvasse e giungesse a destinazione con tutto il suo carico.



Una mattina, prima di partire per uno dei soliti viaggi, si rivolse a Bella e, desiderando farle cosa gradita, le domandò:
- Avrei tanto piacere di portarti qualcosa in dono, cos'è che desideri?
Sei tanto buono, babbo! Ma io ho tutto qui, non ho bisogno di nulla.
Il padre insistette e allora Bella, per dargli la gioia di recarle un dono, gli chiese una rosa. L'uomo sellò il cavallo, vi salì in groppa e partì. Ancora una volta arrivò in città e si diresse al porto. Come le altre volte ottenne le stesse notizie: le navi erano arrivate, il carico era andato perduto. Sfiduciato, si rassegnò a ritornare più povero di quando era partito.
Giunto al bosco, non molto lontano da casa, un forte vento scosse con furore le cime degli alberi e lo sbalzò dalla sella. Il pover'uomo si smarrì e non riuscì più a ritrovare la via del ritorno. In preda al terrore si guardò intorno e da lontano vìde una luce. Pensò ad una sua immaginazione, guardò perciò più attentamente: era proprio una luce.
Si avviò in quella direzione, il chiarore aumentò e apparì un castello. Nessuno gli impedì di entrare; l'uomo salì uno scalone ed entrò attraverso una porta intarsiata. Chiamò, ma nessuno rispose.


Arrivò fino ad una terrazza digradante verso un giardino. Era bellissimo: piante fiorite, alberelli di ogni tipo circondano prati verdi e lussureggianti. Al centro un lungo viale, fiancheggiato da cespugli di rose. Il mercante lo percorse e, rammentando il desiderio di Bella, ne colse un ramo. Un rumore assordante lo costrinse a voltarsi indietro e in quello stesso istante un essere mostruoso gli si parò davanti gridando:
Così mi ringrazi dell'ospitalità che ti ho dato?
Il vecchio cadde in ginocchio:
Perdonami, ti prego. Ho colto il ramo di rose per esaudire il desiderio della mia figlia diletta.
Il mostro sembrò ammansirsi, ma con la stessa voce tonante aggiunse:
Ti perdono, ma avrai salva la vita solo se tua figlia verrà a vivere con me, altrimenti dovrai tornare fra tre mesi e qui morrai.
Il poveretto certamente non volle sacrificare la figlia, ma accettò per restare ancora tre mesi con lei. Bestia, questo è il nome del mostro, lasciò che il mercante riprendesse la strada del ritorno, non appena la tempesta si placò.


Il vecchio arrivò a casa stanco e smarrito e Bella rimase impietrita nel vederlo. Allora egli le porse il ramo di rose e tra le lacrime le raccontò la promessa fatta al mostro. Bella era addolorata, si avvicinò al padre con tenerezza e con voce dolce gli disse:
Quando tu partirai fra tre mesi, io verrò con te. Non ti permetterò di morire, non andrai solo dal mostro.
Rapidamente il tempo passò... Giunse il giorno della partenza.
Il mercante e sua figlia si diressero verso il castello. Silenziosi attraversarono il grande bosco, in preda ai più lugubri pensieri. Dal fondo apparve la luce che, avvicinandosi inesorabilmente, diventò sempre più chiara. Il palazzo era ormai a pochi passi e la fanciulla lo guardò con angoscia.
Il mercante e la figlia, tenendosi per mano, entrarono nel castello. Al centro di una grande sala c'era una tavola imbandita per due. Il pover'uomo singhiozzava, ma Bella lo rassicurò: avrebbe trovato il modo di convincere il mostro a lasciarli andare.
Ad un tratto si udì un forte rumore. Il vecchio ebbe un brivido, Bella si guardò intorno atterrita. Bestia apparve e con una voce orribile si rivolse alla fanciulla:
Sei venuta spontaneamente oppure sei stata costretta da tuo padre?
Bella, sempre più terrorizzata, rispose:
Io ho voluto venire qui - e poi, cercando di mascherare il più possibile la sua paura, spiegò che era sua la colpa di quanto era successo e che il castigo perciò spettava a lei. Infine lo pregò e lo supplicò di non separarli.


Ma il mostro non si lasciò impietosire e, rivolgendosi al mercante con tono deciso mentre si allontanava dalla sala, ordinò:
Partirai domani mattina di buon'ora. La fanciulla resterà qui con me.
Il vecchio era sconvolto, pianse disperatamente. Bella cercò di tranquillizzarlo: era sicura, il mostro avrebbe avuto pietà di lei. Non sembrava poi tanto cattivo. Il momento del distacco fu straziante, ma il padre era costretto a lasciare il castello.
Rimasta sola, Bella cercò di farsi coraggio. Vagò per le sale e guardò incantata gli oggetti rari che vi si trovavano. Arrivò in giardino, ammirò gli alberi maestosi, i fiori colorati e, in particolare, le rose dal profumo intenso. Riprese a girare per il castello, aveva quasi dimenticato la triste sorte che l'attendeva quando, davanti ad una porta, apparve una scritta «Appartamento di Bella».
La fanciulla, incuriosita, aprì la porta. Che meraviglia!
Sul tavolo in un angolo di una bellissima stanza c'era un cembalo. Bella lo cominciò a suonare. Scorse in fondo uno scaffale con tanti libri, ne apre uno a caso. Sulla prima pagina lesse «Benvenuta, regina. Ordina ciò che desideri». Il primo pensiero della fanciulla fu per il padre; Bella avrebbe voluto rivederlo ed ecco che nello specchio posto sulla parete di fronte all'ingresso apparve l'immagine del vecchio mercante, seduto tristemente accanto al caminetto. Dopo un attimo la scena scomparve. La speranza si fece allora strada nel cuore della fanciulla. Il mostro era ricco di premure, la circondava di tante cose belle. Non era cattivo e certamente non le avrebbe fatto del male.


Si recò nella sala per il pranzo: quante buone cose Bestia aveva fatto preparare per lei! E mentre Bella sedeva a tavola, una musica melodiosa le teneva compagnia. Anche il pomeriggio trascorse rapidamente. La giovane continuava a girare per il castello e ovunque trovava sorprese. Si convinceva sempre di più che il mostro avesse un animo generoso.
A sera la fanciulla era di nuovo a tavola nella grande sala: il solito forte rumore annunciò l'arrivo di Bestia. Bella era agghiacciata dal terrore, alzò lo sguardo e scorse ritto davanti a sé il mostro che le chiese con voce bassa e cupa:
Posso farti compagnia mentre ceni?
La ragazza era gentile, gli rispose che la sua presenza non la disturbava e parlò a lungo con lui. Alla fine non ebbe più timori: Bestia era un essere mostruoso, ma sensibile e buono.
I giorni si susseguono così l'uno dietro l'altro. Bella trascorse le giornate scoprendo le mille meraviglie del castello, guardando sbigottita lo spettacolo mirabile del giardino fiorito. Si divertì ad aprire le pagine dei libri dove trovava i messaggi più strani. Attonita guardava lo specchio, formula un desiderio e subito lo vede realizzato. La ragazza non si annoiava di vivere in quel luogo e le serate erano tranquille. Alle nove in punto ogni sera appariva Bestia e Bella lo aspettava. Ormai non aveva più paura di lui.
Una sera però il mostro le rivolse una domanda inaspettata.
Vuoi diventare mia moglie?
La giovane era turbata, non voleva addolorarlo, ma doveva essere sincera con lui e con molta timidezza sussurrò: - Ho per te un grande affetto e molta amicizia, ma non posso sposarti.



Bestia ebbe un momento di abbandono. Emise un lungo lamento e tutto il castello tremò. Poi salutò con tristezza la fanciulla e si allontanò. Bella era dispiaciuta, non avrebbe voluto recargli dolore e in cuor suo disse: «Non è possibile, è solo una bestia, non posso diventare sua moglie».
Trascorsero tre mesi e ancora altre volte il mostro chiese a Bella se volesse sposarlo. La fanciulla gli rispondeva sempre con un po' di imbarazzo:
Non posso diventare tua moglie, ma avrai sempre la mia amicizia.
Un giorno Bella chiese allo specchio di rivedere il padre e come sempre il suo desiderio fu subito realizzato. Il vecchio genitore era assai ammalato perciò la fanciulla chiese a Bestia:
Ti prego, concedimi otto giorni, fa' che io possa andare da mio padre. Sta molto male e ha bisogno di me. Debbo assolutamente riabbracciarlo e morirei di dolore se non dovessi vederlo più.
- Andrai da tuo padre - rispose Bestia. - Ma ti scongiuro, non rimanere a lungo lontana: senza la tua presenza la mia vita si spegnerebbe in poco tempo.
L'indomani, quando Bella era sulla soglia del castello pronta per la partenza, il mostro premuroso la salutò e le donò un anello.
Quando vorrai ritornare, ricordati di porlo sul tuo comodino.



Bella rigirò tra le mani l'anello e, come per incanto, si trovò a casa. Chiamò ad alta voce il vecchio padre, che accorse in preda a una grande emozione.
Figlia mia, sei tornata finalmente!
I due si abbracciarono teneramente e restarono a lungo stretti l'uno all'altra. Poi, quante cose avevano da dirsi! Bella parlò a lungo del mostro, delle sue continue attenzioni. La casa era invasa dal suo chiacchierio festoso mentre il padre ascoltava commosso.
La fanciulla voleva uscire con lui, andare in giro per la campagna e ritrovare le cose che da mesi non aveva più visto. Si accorse all'improvviso di non aver portato con sé dei vestiti, ma con grande sorpresa nella sua cameretta trovò un baule pieno di abiti e di gioielli.
Bestia... ! caro, - sospirò quasi con nostalgia Bella - pensi proprio a tutto!
Scelse la veste più semplice, la indossò e raggiunse di nuovo il padre. Aveva ancora tante cose da raccontargli. I primi giorni trascorsero in fretta ma, passata l'emozione del primo momento, Bella cominciò ad essere inquieta. Era afflitta dal pensiero che Bestia potesse soffrire per la sua lontananza. S'accorse che nella sua vecchia casa si annoiava mentre con Bestia era diverso: il tempo volava via rapidamente. L'inquietudine aumentò quando, allo scadere degli otto giorni, il vecchio genitore le chiese di trattenersi ancora. La ragazza non voleva dispiacere al padre e acconsentì. Ma durante il sonno era tormentata da continui incubi. Infine una notte ha una visione e sognò il mostro in fin di vita presso il ruscello che scorreva nell'angolo più remoto del giardino. Si svegliò in lacrime, cercò febbrilmente l'anello e lo ripose al posto convenuto. Poi tra i singhiozzi si addormentò.


Quando si ridestò eccola di nuovo nel castello, nella sua bella camera. In preda a una grande agitazione la giovane corse per il palazzo chiamando Bestia, ma nessuno rispose. Si diresse allora verso il ruscello: il mostro era là che giaceva disteso ai piedi di un albero. Appena la vede, aprì gli occhi, voleva rialzarsi, ma ricadde perché troppo debole.
Bella si inginocchiò accanto a lui. Non provava più alcuna ripugnanza e lo abbracciò singhiozzando:
No, non morire. Rimarrò sempre vicino a te. Sarò la tua sposa.
A quelle parole tutto il castello si illuminò mentre una dolce melodia si diffondeva nell'aria. Nello stesso momento il mostro scomparve e al suo posto vi era un giovane bellissimo che le parlava con voce armoniosa:
Grazie Bella, mi hai liberato dall'incantesimo. Ero stato condannato a vagare sotto le spoglie di Bestia finché una fanciulla non avesse desiderato sposarmi nonostante il mio aspetto ripugnante. Non avevo più alcuna speranza e poi sei arrivata tu.
Bella ascoltò rapita le parole del giovane che dopo l'inattesa rivelazione aggiunse:
Vuoi essere la mia sposa?
Bella acconsentì e felice gli porse la mano. Il giovane la strinse forte e come per magia i due vennero trasportati in un regno lontano, dove una folla esultante accolse il giovane che ne era il re. I sudditi conoscevano il terribile maleficio che lo aveva colpito, ma non avevano mai perso la speranza di rivederlo.
La notizia si diffuse per i villaggi del regno e tutti accorsero per assistere alle nozze del loro sovrano con la fanciulla che col suo amore l'aveva liberato dal triste incantesimo.

Se questa storia ti è piaciuta…
Puoi trovarla anche:
  • La bella e la bestia - Disney (1971)
  • Beastly (film)
  • La bella e la bestia (1946)
  • La bella e la bestia: Un magico Natale
  • La bella e la bestia (1987)
  • La bella e la bestia (1991)
  • La bella e la bestia (2014)
  • Il mondo incantato di Belle
  • La bella e la bestia (serie TV)
  • Episodio 12 della serie C'era una volta, Belle, e seguenti.

4 commenti:

  1. Bellissima storia!! Ce l'avevo anche con audio cassetta che ascoltavo sempre quando ero piccola!! ♡.♡ ah che ricordi!!

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  2. Questa è la tra le favole più belle

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